Il 2014 porta con se' un grande anniversario, uno di quelli che tutti, soprattutto i giovani che non hanno mai visto o sentito parlare in modo dettagliato dell'evento di cui si parla proprio perche' tali, non possono ignorare: 100 anni dalla Grande Guerra, 1914-2014, la prima guerra mondiale, quella che gli studenti delle scuole spesso sono abituati a studiare per sommi capi tanta e' l'attrazione invece per la seconda che ha condotto all'immane tragedia dell'Olocausto. Ma finalmente e' arrivata l'occasione per rendere omaggio ai nostri soldati e ai tanti civili caduti in questo lungo conflitto di cui troppo poco si parla.

L'Italia ha istituito il Comitato per il centenario della Prima Guerra Mondiale ed ha stabilito che le celebrazioni avranno inizio con l'arrivo dell'estate del 2014, cento anni dopo lo scoppio del conflitto e quando le commemorazioni avranno inizio in tutti i Paesi coinvolti. Tale decisione e' stata assunta anche se l'Italia ha preso parte al conflitto contro l'Impero Austro Ungarico nel 1915 e contro la Germania nel 1916, tenendo conto della valenza sovranazionale e della dimensione europea dell'evento, e delle conseguenze che comunque si sono riversate nel Paese dal 1914 in poi. La non belligeranza dell'Italia e', comunque, una tappa della storia della Grande guerra. In tutto il Paese si terranno iniziative e celebrazioni, soprattutto nelle regioni del Nord e numerose saranno le attivita' didattiche per aiutare i giovani a conoscere finalmente la "Grande Guerra" da cui poi, tutto e' cominciato.

E infatti: esattamente cento anni fa, i sempre piu' numerosi benestanti che abitavano nelle grandi capitali europee festeggiarono l'ultimo capodanno della cosiddetta "belle epoque" tra le luci e i suoni di meraviglie tecniche recentemente acquisite come la corrente elettrica e il motore a scoppio, essendo quasi tutti persuasi di vivere nel migliore dei mondi possibili e certamente nel piu' civile e promettente che fosse mai esistito. Guerre e massacri lontani (o culturalmente lontani a dispetto della geografia, come nel caso delle guerre balcaniche quasi terminate e della stessa guerra italo-ottomana di appena due o tre anni prima) sembravano cose da relegare a "passatempo di giornale quotidiano" (come scrivera' Keynes sei anni piu' tardi con amara ironia). Un unico grande mercato globale regolato come un orologio da un sistema uniforme di prezzi e di valori (assicurato dal sistema monetario aureo) appariva come la promessa di un progresso senza fine, che partiti socialisti e sindacati operai avrebbero fatto meglio a non inceppare con la loro impazienza: c'era soltanto da lasciare "sgocciolare giu'" il benessere goduto da quanti possedevano denaro in abbondanza e sapevano come usarlo a loro ulteriore profitto in un sistema globale fatto su misura per preservare innanzitutto il suo valore e con esso la sicurezza dei loro crediti. Otto mesi dopo, l'Europa piombo' improvvisamente in un inferno di fango e di sangue che per quattro lunghi anni avrebbe inghiottito senza pieta' milioni di giovani vite e inciso profonde piaghe negli animi e nelle menti di gran parte delle persone sopravvissute, sia che ritornassero vive dai campi della strage sia che elaborassero comunque i suoi effetti nelle cosiddette retrovie.

Il Novecento comincio' in quell'inferno. Tutti i suoi orrori portano il segno di quella inutile strage e dei suoi veleni; e tutte le sue conquiste di civilta' portano il segno dei multiformi e contraddittori sforzi dell'umanita' per combatterli e neutralizzarli, che culminarono nella vittoria sulla piu' mostruosa escrescenza che quei veleni produssero, vale a dire il nazifascismo: la rivoluzione sovietica, il New Deal rooseveltiano, e il loro incontro provvidenziale nella seconda guerra mondiale. L'improvvisa apparizione dell'inferno di ferro e di fuoco nel mondo della "belle epoque" fu la rivelazione di un colossale inganno. Cio' che gli ideologi di quel sistema globale spacciavano per trionfo di imparziali ed eque regole di mercato a fini di efficienza e di massimo benessere era in realta' un equilibrio di potere tra gigantesche concentrazioni di forza politico-militare strettamente intrecciate con poche e altrettanto gigantesche concentrazioni di forza economica e finanziaria. Era un equilibrio che diventava sempre piu' instabile per varie ragioni, incluso il bisogno di assorbire e di deviare verso falsi obiettivi, come l'orgoglio e la potenza del proprio paese, la crescente partecipazione popolare alla sfera pubblica. Simili calcoli delle classi dirigenti, o almeno della parte di esse che ebbe la meglio, sono particolarmente evidenti per quanto riguarda il modo in cui l'Italia fu condotta a partecipare al massacro. Intellettuali e uomini politici sostanzialmente ostili alla democrazia o almeno a un suo coerente sviluppo furono chiari nel sostenere che una "cara buona guerra" sarebbe stata la medicina indicata per un paese (e un popolo) con troppi grilli in capo.

Il governo di allora getto' l'Italia nell'assurdo massacro quando questo imperversava con sempre meno senso apparente gia' da nove mesi, accettando le offerte di chi sperava di superare lo stallo con il peso di altra carne da cannone, e alzando fortemente la posta: in effetti, l'Italia fu il primo paese il cui governo mettesse nero su bianco (anche se in un trattato segreto) scopi di guerra apertamente ed estesamente annessionisti (la stessa Germania non fu cosi' chiara, in un permanente equivoco tra i piani aggressivi della Corte e dei militari legati ai grandi monopoli industriali da un lato, e le tesi difensivistiche che il patriottismo dei socialdemocratici continuo' a sostenere in parlamento spacciandole per acquisite). Per ottenere questo risultato, il governo Salandra-Sonnino ignoro' e umilio' il parlamento e la maggioranza reale dell'opinione pubblica, con l'avallo della Corona, in quello che presenta molti aspetti di un vero e proprio colpo di Stato, se non contro la lettera dello Statuto albertino (che riservava in effetti alla Corona e al "suo" governo il diritto di pace e di guerra), certamente contro la prassi che aveva imposto di fatto una forma di governo parlamentare da Cavour in poi. Sebbene non tutto fosse ancora giocato, e sebbene molti "interventisti" si illudessero di vivere una "quarta guerra del Risorgimento" e addirittura di tirare per la giacca i conservatori nel fare come allora la guerra all'Austria, buona parte della strada che sara' poi percorsa dal fascismo fu lastricata allora in questo modo. Ma e' soprattutto quel grande illusionismo ideologico transnazionale di un secolo fa, e quell'improvviso e terribile svelamento, che dovrebbero indurre a riflettere. Quanto e' diversa la globalizzazione dei primi anni del Duemila dalla globalizzazione dei primi anni del Novecento? E quanto veramente distano da noi i massacri apparentemente lontani che forse alcuni di noi tendono a declassare a "passatempo di telegiornale quotidiano?".

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