Piste Ciclabili in TrentinoNella terra di Francesco Moser, Maurizio Fondriest e Gilberto Simoni non è indispensabile pedalare da campioni. Si può, ad esempio, lasciare la strada maestra e seguire il percorso di un fiume o di un torrente muovendosi in bicicletta lungo gli argini, oppure approfittare del tracciato di una vecchia ferrovia dismessa o di un tratto di strada forestale, sempre con l'obiettivo di restare lontani dalla civiltà del motore (e del rumore).

Benvenuti in Trentino, dove l'Italia prova a fare l' Europa, con una rete di percorsi ciclabili che perfino gli olandesi ci invidiano e, quando arrivano, si sentono a casa loro. È una storia che comincia nel 1988, quando si cominciò a progettare un sistema di piste per collegare città, laghie montagne: per realizzarle (e mantenerle) la provincia di Trento chiamò all' appello uomini espulsi dal mercato dal lavoro che in questo progetto trovarono una rivincita. Venticinque anni dopo c' è una rete di oltre 400 chilometri che - per una provincia interamente montana, dove la salita è sempre in agguato - non è per niente male.

Da Bolzano a Trento (e poi giù verso Verona) si scende accompagnati dal fiume Adige, per riscoprire con sorpresa che prima dell' era autostradale per viaggiare ci si affidava ai corsi d' acqua, senza mai incrociarsi con un' auto: sono i 90 chilometri della pista più lunga, la prima e la più battuta, anche da molta gente che la mattina ne usa alcuni tratti per andare a lavorare. Un nastro largo tre metri dove vale la regola fondamentale della viabilità (tenere la destra) ma per il resto ci si può dimenticare dei concetti di traffico e di specchietto retrovisore.

Dimenticatevi pure anche dell' Autogrill, perché qui c'è il Bicigrill (in realtà ce ne sono cinque), con menu a misura di ciclista, una fontanella per riempire la borraccia e una cassetta degli attrezzi in caso di emergenza. Ogni anno sono oltre 2 milioni le biciclette in transito sulle ciclabili trentine: dai ciclisti che si allenano ai pensionati tedeschi che scendono in Italia pedalando, ma ci sono anche le famiglie che viaggiano con i più piccoli seduti in un carrellino posteriore o davanti sul seggiolino.

Nel ciclismo slow non ci sono traguardi né classifiche e il doping è una parola sconosciuta. In caso di crisi - per ripristinare il livello dei sali minerali - è possibile una sosta dal fruttivendolo. Partire in bicicletta e tornare in treno nonè una scelta di ripiego (e nemmeno un disonore), ma una soluzione consigliataa chi non ama la fatica. Scegliete la lieve discesa lungo la Valsugana seguendo il ritmo della Brenta (chi vive sulle rive di questo fiume ama chiamarlo al femminile) e quando si fa sera fermatevi alla stazione per rientrare caricando la bici sul vagone.

Fate lo stesso in valle di Sole o in valle dell' Adige, mentre sui laghi di Garda e Caldonazzo pedalerete a un passo dall' acqua e nelle valli di Fiemme e di Fassa (ai piedi delle Dolomiti) vi scoprirete tra pratie boschi lungo il percorso dove in gennaio si corre la Marcialonga. E da quest'anno ecco le bici elettriche, per chi non ha avuto il tempo per raggiungere uno stato di forma sufficiente. Le noleggiano sul Garda, in Valsugana e in valle di Fassa, ma attenzione a non confonderle con un motorino: la pedalata è sì assistita (cioè il motore elettrico dà una mano), ma bisogna pur sempre pedalare. Se tutto questo vi sarà piaciuto, il prossimo passo sarà lassù, sui passi dolomitici, il tempio del pedale, luoghi dove in Trentino si è scritta la storia del ciclismo e che due volte all' anno - in giugno e in settembre - vengono chiusi al traffico per lasciare spazio alle biciclette,e ogni volta ne approfittano in ventimila.

Pedalando a venti all' ora (ma anche meno) si farà forse poca strada, ma si vedono dettagli che al popolo dell' autostrada passano inosservati: un turismo lento e leggero, ma che conquista sempre di più. Resta ancora da collegare alle ciclabili un piccolo paese, Palù, che poi è il regno dei ciclisti: di Simonie dei Moser (dopo Aldoe Francesco ora corre Moreno). Ma siamo in valle di Cembra, dove si "ruba" il terreno alla montagna, metro dopo metro, per piantare le viti di Müller Thurgau. Per la ciclabile c'è tempo.

Andrea Selva - La Repubblica.it

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